Favole egizie
rinarrate da Boris de Rachewiltz
traduzione a cura di Patrizia de Rachewiltz
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“Alla fattoria del vicino, Bata incontrò una fanciulla che si spazzolava i capelli al sole.
Le coprivano le spalle, nerissimi,
di una lucentezza mai vista.
Si volse a lui con un sorriso, e Bata pensò subito alla dea della luna, poiché sulla terra nessuna era bella come lei, e nei suoi occhi c’era una radiosità
che non apparteneva a questo mondo.”
“Senti questa, figlio mio – disse una sera il principe Kaptah – è molto interessante. Qui dice che da qualche parte esiste un Libro Magico scritto dal dio della Scienza, da Thoth in persona. Leggendo le formule magiche di questo libro, un uomo potrà incontrare il Cielo, la Terra e tutto ciò che essa racchiude.”
Gli occhi scuri di Merjeb si fecero tondi dalla meraviglia.
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“Quando ebbi tirato la nave all’isola, e il marinaio ebbe fatto trasportare su di essa tutti i suoi regali, dissi addio a Sahara: “Che tu possa rivedere di nuovo i tuoi figli, piccolino, e che il tuo nome sia venerato nella tua città. Questi sono i miei auguri per te.”
“O buon Serpente – mi rispose il marinaio – verrò di nuovo a quest’isola, per rendere omaggio al suo Padrone e a tutti quelli che ci abitano.” Ma ciò era impossibile, poiché quest’isola si trova nel grande verde e nessun uomo sa esattamente dove.”
“Con uno sforzo ed aggrottando le sopracciglia,
Dedi cercò tra i suoi rotoli mormorando incantesimi.
Ma ahimè! La luce era fioca ed invece di fanciulle, apparvero dalla sabbia
un asino, un leone, una scimmia ed altre creature in strane contorsioni...”
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